Quando si dice che la verità è nuda, mi viene sempre in mente che sotto c'è lo scorticato. Allora penso all'errore, cioè all'allontanamento dalla verità, come a una forma di pudore e di desiderio, come a un atto di delicatezza e di tenerezza nei confronti della carne troppo esposta della verità stessa. Come un abito che nasconde, come un ammiccamento che allude, l'errore, proteggendo la verità e la sua sconvolgente nudità, esercita anche la funzione eminentemente erotica che il drappo di tela rosso delle corride ha per il toro. Detto questo, si può aggiungere che l'errore è clemente e tollerante. Addirittura paziente. Chi infatti può dire di avere il tempo dalla sua è l'errore, non la verità che, chiusa nell'eternità che le è propria, ha la fretta di chi è perennemente contemporaneo a se stesso e la paranoia di non smarrire la sua silhouette sferica. Paziente, clemente e ingannatore, l'errore è inoltre un animale politico: il suo partito è sempre maggioritario, non perde un'elezione, promette molte cose, fa sognare. L'errore è dunque democratico e rivoluzionario, sa come arruffianarsi masse, popoli e nazioni. Per concludere, l'errore ha un'unica ossessione: essere laccio della verità, esca per polli, specchio per allodole. L'errore parla tutte le lingue, non fa distinzioni di razza o di ceto, l'errore è generoso e si concede a chiunque voglia provare un assaggio di verità. Checché ne dicano i suoi rari denigratori, l'errore è la verità in abito lungo.